Il Buddha diceva che “Le parole hanno il potere
di distruggere o di risanare. Quando sono vere e gentili, possono cambiare il mondo”.
Di solito, non entro nel merito diretto della
politica intesa come “competizione fra partiti”, ma stavolta faccio un’eccezione.
In fondo, mi occupo da 25 anni di comunicazione e, alla fine, in un modo o nell’altro,
qualcosa ho imparato, nel mio piccolo. Mi faccio quindi un po’ i fatti di
Grillo e del suo Movimento e mi permetto, in punta di piedi, di far riflettere
sul loro modo di fare comunicazione. Perciò, non mi occupo del programma
politico, della sua proposta o se il Movimento abbia fatto bene o male a non
fare il Governo con Bersani. Ho le mie idee al proposito, ma lascio ad altri
esprimere commenti pubblici su ciò. Io guardo alla comunicazione e alle
reazioni della gente.
E’ un dato di fatto inconfutabile, penso, che il
M5S abbia rappresentato una “ventata di novità” nel panorama politico italiano.
E’ altrettanto indiscutibile che l’importante affermazione elettorale ottenuta
alle “politiche” non solo lo abbia messo in grado di fare da “ago della
bilancia” nella governabilità di questo Paese, ma, anche e soprattutto, abbia
imposto serie revisioni interne agli altri partiti e al “sistema politico” in
generale. Quindi, credo che gli italiani, a febbraio, fossero in gran parte
contenti di questo successo del M5S, anche non avendolo votato, perché era
indubbio che, finalmente, qualcosa di nuovo stesse accadendo in questo Paese
spesso troppo immobile. Ma, nel giro di tre mesi, questo importante patrimonio “rivoluzionario”
è andato perso, forse non irrimediabilmente, ma comunque per ora messo da
parte.
Quanti di voi, come me, hanno avuto amici che
tradizionalmente votano per la “destra”
o per la “sinistra” politica e che a febbraio hanno votato per il M5S? Molti,
vero? Alcuni di questi miei amici, mi hanno proprio sorpreso, quando mi hanno
confessato di averlo fatto. Non avrei mai pensato che quella pensionata,
innamorata del Cavaliere, lo avrebbe “tradito” con Grillo; né che quel giovane
attivista del PD, si sarebbe fatto affascinare dal Movimento “non partito”,
mettendoci sopra una X sulla scheda elettorale. Eppure, è successo, e per
milioni di voti!
Ma di questi miei conoscenti, coloro almeno che
si sono dovuti confrontare con le “amministrative” e che quindi han dovuto
rifare la scelta elettorale, non uno ha rivotato il M5S, preferendo il ritorno
alle vecchie e tradizionali liste civiche espressioni di più rassicuranti –
evidentemente per loro – modi di fare politica.
Io credo che l’errore di Grillo in questi mesi
sia stato evidente. Continuare a vedere il “bicchiere mezzo vuoto”, l’Italia
sull’orlo del fallimento, ribattere in maniera martellante la mancanza di
speranza per questo povero Paese, il darci già tutti per spacciati non può
farti andare troppo lontano. O meglio, serve all’inizio, quando diventi
collettore di tutto il malcontento di un Paese, di tutta la rabbia che si è
accumulata contro una classe politica privilegiata e inetta che ha fatto ben poco
per il bene comune. Ma poi la gente ti ha votato e, di conseguenza, si aspetta
delle proposte, se non addirittura la conduzione del sistema, il governo, la
responsabilità di chi fa. Continuare a inveire, a ululare alla luna, a vedere
la tragedia dietro l’angolo non solo non serve, ma porta il popolo a prendere le
distanze, soprattutto gli italiani, se non altro per stanchezza e bisogno di
una luce in fondo al tunnel. E’ vero che un pessimista è “un’ottimista bene
informato”, ma dopo, a lungo andare, la tua pesantezza ti fa fare la fine di Totò
nel film in cui interpretava lo iettatore (“anatema a te!”): la gente ti evita
e fa gli scongiuri pur di non aver più a che fare con la tua maledizione
perennemente lanciata! Insomma, nella storia della comunicazione politica di
tutto il mondo si può vedere come, dopo un periodo di sacrosanta denuncia e
informazione, subentri la fase della proposta non urlata, ma concreta, del
rispetto di chi la pensa diversamente da te e un domani potrebbe anche
sostenerti. Arriva il momento dell’ “I have a dream”, del “Yes, We can” ecc.
Allora tutti gli anni sprecati dalla sinistra
italiana a cercare di cancellare, sempre con la comunicazione, la controparte berlusconiana con le accuse “ad
personam”, perdendo poi regolarmente le elezioni, non hanno insegnato niente? Intanto,
si dovrebbe imparare che, alla fine, la gente, anche se magari passa una prima
fase di rabbia, tende poi a prendere le parti dell’underdog, come dicono gli
anglosassoni, cioè delle vittime, degli accusati, per quello spontaneo
movimento di identificazione verso chi viene vessato da insulti e accuse che
non riescono però a dargli il KO definitivo, e che alla lunga anzi lo rinforzano. E poi, perché se tutto il tuo
impegno sta nel cercare dialetticamente di cancellare l’avversario, non ti
rimane spazio per dire cosa andrebbe fatto per evitare che la barca affondi. O,
perlomeno, alla gente non arriva più la tua proposta perché assillata dalle
accuse, dalle battute, dalle irrisioni nei confronti dei tuoi avversari politici,
dei loro elettori, dei giornalisti e dei media in generale. Anatema verso tutto
e tutti, perciò, con il risultato che corriamo a cercarci in tasca l’amuleto
personale, ma forse mettiamo da parte, magari definitivamente, quella speranza
che qualcosa sarebbe cambiato e che questo Paese sarebbe diventato, dal punto
di vista politico e istituzionale, un po’ più “normale” e moderno! Peccato…
Sono assolutamente d'accordo ma, per la mia percezione c'è un fatto alla base anche più drammatico e, dato che di politica stiamo parlando, grave. Il fatto che il movimento, non appena ha portato a casa il voto, si è chiuso in una sorta di "non comunicazione" se per comunicazione (ammesso che il vocabolario sia sempre lo stesso che abbiamo conosciuto) si intende un flusso di messaggi che procede da una fonte a un ricevente. Nel senso che, dal giorno dopo, la comunicazione del movimento è diventata una serie di monologhi, censure, autoreferenzialità che, di fatto, escludeva ogni forma di interlocuzione. Noi, che della comunicazione abbiamo fatto un mestiere, non credo ci siamo mai potuti permettere di dire a un giornalista "io con te non parlo" o sei un "farabutto asservito a questo o quello". Anche in situazioni in cui magari i nostri clienti erano messi decisamente e talvolta pretestuosamente alla gogna. Abbiamo sempre cercato di contestualizzare, circoscrivere e quando possibile "portare a miti consigli". In questo caso la gravità è determinata dal fatto che non stiamo parlando di un'azienda, ma di politica. E quindi di un ambito che corrisponde a "uno spazio pubblico di partecipazione", al cui interno il dialogo non è un'opzione ma una precisa responsabilità, un segno di rispetto verso coloro che attraverso il voto hanno dichiarato la volontà di essere rappresentati. Se questa capacità non c'è, o è limitata dalla paura o - peggio ancora - da un senso malcelato di inadeguatezza, decade istantaneamente lo status politico e il rapporto fiduciario che ne deriva. E si viene archiviati molto velocemente tra le tante, troppe occasioni perse. In questo caso con non poca amarezza. Io non sono mai stato un fan dei 5 stelle, ma dopo il successo alle politiche per un attimo ho pensato che in ogni caso un vento di cambiamento avrebbe fatto solo bene all'Italia. Adesso penso che l'unico risultato prodotto finora sia, come peraltro dimostrato dalle ultime amministrative, l'amplificazione del disamore e della sfiducia verso il sistema politico. Proprio nel momento in cui meno ce lo possiamo permettere.
RispondiEliminaPerfettamente d'accordo su quanto scrivi a completamento del mio post. Il problema penso sia anche l'essere o no portati alla democrazia, cosa che mi sembra mancare all'interno del Movimento5 Stelle. In fondo, dice bene Epifani, quando sostiene che i partiti antagonisti al PD sono "partiti individuo", quindi, senza democrazia interna. Il PD, invece, forse ne ha anche troppa, viste le divisioni interne, le correnti, le "prime e le seconde donne". Però, in compenso fa le primarie, i Congressi, mette ai voti la Segreteria. Il suo errore sta proprio nel non far emergere la positività della sua dialettica interna che, invece, viene vissuta dall'opinione pubblica come una debolezza, una fragilità e non come un punto di forza e di garanzia democratica. E la democrazia, come diceva Churchill, "è un sistema politico pieno di difetti, ma comunque pur sempre il migliore che abbiamo a disposizione come razza umana"... o no?
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