giovedì 20 giugno 2013

"Se qualcosa può andare male, lo farà in triplice copia!" (Arthur Bloch)


Scriveva Ephraim Kishon, in Paradiso come nuovo affittasi, che “I burocrati sono numerosi come i granelli di sabbia in riva al mare. Con la differenza che la sabbia non prende lo stipendio.”
E’ un’opinione diffusa e, purtroppo, confermata dai fatti che se i burocrati e la burocrazia in genere rappresentano una delle “palle al piede” di qualsiasi progresso sociale, politico ed economico, in tutto il mondo, questo aspetto in Italia raggiunge livelli insopportabili. E se ciò è vero sempre e a prescindere, lo è ancora di più in momenti gravemente recessivi come questi, quando sulla velocità delle azioni, sulla rapidità dei movimenti e delle “intraprese” si fondano le possibilità di restare a galla e di non affondare con tutta la nostra bella Penisola.

Quindi, se guardiamo all’esercito dei burocrati che ingrossa le fila delle istituzioni pubbliche italiane, letteralmente osteggiando quel qualcosa che si cerca di fare per rilanciare la nostra economia, la definizione di Kishon ci porta a concludere che oltre al danno dell’immobilità cui ci costringono, dobbiamo metterci anche l’elevato costo pubblico rappresentato da stipendi in buona parte inutili. Naturalmente, non voglio fare di tutta l’erba un fascio, e non voglio dire che tutti coloro che lavorano nella burocrazia italiana siano dei “fancazzisti” succhia soldi. Ci sono anche fior di professionisti, per capacità e correttezza. Resta però il fatto che, anche senza essere il Gabibbo di “Striscia la notizia”, basta girare un po’ l’Italia per mettere insieme un’enciclopedia di vessazioni, di inefficienze, di sprechi e di inettitudini che derivano da uffici pubblici mal gestiti e peggio diretti.

Ma la cosa che trovo più insopportabile è il tentativo di molti di questi signori di evitare di prendersi delle responsabilità. Quelle responsabilità che invece, per ruolo e mansione, dovrebbero accettare e di cui dovrebbero rispondere all’opinione pubblica. Comodo non fare, per non dover poi render conto di quanto fatto!

Il risultato? Tempi lunghissimi per autorizzazioni di qualsiasi natura, imprese che falliscono ancor prima di esser riuscite a compiere un solo atto produttivo, a causa della mancanza di risposte che non arrivano dagli uffici preposti per darle. E un Paese che langue, asfissiato da chi dovrebbe curare gli interessi collettivi e che invece si preoccupa solo dei propri personali e di quelli del “branco” che rappresenta. Del resto, lo descriveva bene già Ennio Flaiano, quando scriveva: “Gli presentano il progetto per lo snellimento della burocrazia. Deplora l'assenza del modulo H. Conclude che passerà il progetto, per un sollecito esame, all'ufficio competente, che sta creando…”.

Cosa aspetta la politica a sfoltire questi uffici e a snellire le procedure per portarci alla pari del resto d’Europa? Sono convinto che noi italiani abbiamo “una marcia in più” dal punto di vista imprenditoriale e del saper fare, ma se questa marcia viene a essere messa costantemente “in folle” dall’apparato pubblico, la macchina non riesce nemmeno a raggiungere la strada e a intraprendere il percorso per raggiungere un obiettivo che, alla fine, dovrebbe essere condiviso. Perché, caro burocrate, su quell’auto ci siamo tutti e se non partirà mai, o se a forza di farla rallentare la fermi completamente, prima o poi rimarrai a piedi anche tu…!

Nessun commento:

Posta un commento