Da tempo sono convinto che in Italia abbiamo già tutto per
uscire da una crisi economico-sociale nella quale, con maggiore consapevolezza
in più da parte dei nostri connazionali e delle nostre istituzioni politiche
nazionali e territoriali, non saremmo mai dovuti entrare o che, perlomeno,
avremmo dovuto vivere solo marginalmente. E non sembri un’esagerazione quanto
affermo!
Abbiamo il 65% del patrimonio culturale del mondo che, detta
così, già colpisce come dato, e quasi spaventa, per il preponderante, direi schiacciante peso che la nostra
nazione ha nel racconto della storia umana su questo pianeta. Eppure, non
riusciamo ancora a valorizzare questo enorme tesoro che i nostri antenati ci
hanno messo a disposizione. Non solo, ma lo stiamo progressivamente perdendo se
presto non vi metteremo coscientemente e coscienziosamente mano.
In un contesto globale, in cui gli equilibri dell’economia
cambiano e all’era dell’industrializzazione e della globalizzazione si
sostituisce quella della terziarizzazione, del ritorno all’artigianato e della
riscoperta dei territori, molti Paesi stanno cercando, non senza voli pindarici,
di trovare argomenti e oggetti che possano dare risposta nell’offerta a questo
nuovo tipo di domanda. Ma noi italiani abbiamo già tutto e, in fondo, noi delle
ultime generazioni, la pappa ce la siamo trovata pronta.
Avete letto, per esempio, “La Carta e il Territorio” del
francese Michel Houellebecq ? Racconta di una Francia dei decenni a venire in
cui la gente torna a popolare i territori rurali, che progressivamente avevano
perso attrattiva nell’era dell’urbanizzazione di massa tipica della fine del
secolo scorso, perché la campagna e le tradizioni tornano di moda e i ricchi di
tutto il mondo rivalutano un modo antico di vivere. Questo trasforma la Francia
in una sorta di grande parco divertimenti. “Di fatto, i nuovi abitanti delle
zone rurali non assomigliavano affatto ai loro predecessori. Non era stata la
fatalità a indurli a lanciarsi nell’attività artigiana del cestaio, nel
rinnovamento della casa contadina da affittare a turisti o nella produzione di
formaggi, ma un progetto d’impresa, una scelta economica… Questa nuova
generazione si mostrava più conservatrice, più rispettosa del denaro e delle
gerarchie sociali. In modo sorprendente, il tasso di natalità in Francia era
effettivamente risalito, senza tenere conto dell’immigrazione che si era
comunque azzerata dopo la scomparsa degli ultimi lavori industriali e la
riduzione drastica delle misure di previdenza sociale, all’inizio del terzo
decennio del 2000”.
Appare evidente, quindi, come tutto il mondo stia cercando
di tornare a una dimensione di vita, di produzione e di consumi più a misura d’uomo.
Ciò ha niente a che vedere con la “decrescita felice”, anzi. L’obiettivo è
invece quello di ritrovare un benessere cresciuto e diffuso, legato ai territori che
viviamo e meno accentrato sia nelle mani di pochi individui che di pochi
luoghi. Il segreto sta nel continuare a crescere
dal punto di vista sociale ed economico – il che significa una più equa
ripartizione delle risorse e non una crescita indifferenziata e illusoriamente
illimitata dei PIL – senza essere ostili verso il territorio di appartenenza,
oltraggiandolo con comportamenti lesivi, ma anzi difendendolo e valorizzandolo. Solo così il mondo di potrà salvare e solo
così l’Italia potrà tornare a essere “caput mundi”: facendo l'Italia!
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