lunedì 18 febbraio 2013

Malati d'altrismo


MALATI D’ALTRISMO
Dell’Italia ghettizzata da antipatici luoghi comuni e del loro potere svalutante ho già parlato. Ma c’è dell’altro. Che più che un luogo comune è un luogo reale con cui ci imbattiamo tutti i giorni, a partire dal momento in cui, magari prima di entrare in ufficio, ci fermiamo per un caffè corroborante. E’ il bar. Ascoltiamo le conversazioni. Oggi i temi sono principalmente due. Calcio e politica. Ma non è ovviamente di calcio che voglio parlare. E neppure di politica. Se non fosse che le conversazioni in questo ultimo attualissimo ambito sono tutte un botta e risposta, assolutamente bipartisan, che iniziano con un “si vabbè, ma l’altro è anche peggio”. Bene, spostiamoci dal bar al divano davanti al televisore: nei salotti dei talk show l’adagio è assolutamente lo stesso. Non ho mai condiviso il buonismo un po’ fasullo de ”l’importante è  partecipare”, né l’arrivismo machiavellico del “vincere a tutti i costi”. Ma sicuramente la logica de “l’importante è far perdere l’altro, quello anche peggio” mi spaventa anche di più. Perché di peggio in peggio si tocca il fondo e da lì si scava un peggio più profondo. Per questo, nella mia attività di comunicatore, quando nel contatto con manager, imprenditori, rappresentanti delle istituzioni e comuni cittadini sento che l’”altro peggio” comincia ad essere un po’ troppo presente, mi permetto immediatamente di denunciare la sintomatologia dell’”altrismo”. Un virus endemico e assai contagioso che  si manifesta con un’irresistibile inclinazione qualunquista a rispondere a una critica verso qualcuno, prendendo di mira un altro, come paragone. E quindi se qualcuno fa male, l’altro fa peggio, e quell’altro “non ne parliamo neppure” e, comunque, “in fondo sono tutti uguali”. E’ un virus difficile da estirpare, l’altrismo. Ha radici profonde. Ne avvertivo forse i primi sintomi nel “governo ladro” responsabile della pioggia che sentivo citare da bambino. Ma adesso è scoppiato in tutta la sua virulenza. Ed è causa di buona parte dei mali del nostro Paese.
E’ l’altrismo, infatti, che porta all’appiattimento delle critiche; all’aberrante creazione di una fogna nella quale comprendere chiunque, in quella tragica visione che tanto nessuno potrà fare meglio, ma, anzi, non potrà che peggiorare la situazione.
E’l’altrismo che paralizza il Paese in un mancato ricambio della classe dirigente, spesso fallimentare e farlocca, che non rende conto dei misfatti compiuti solo perché l’italiano medio non decide di cambiare di fronte alla delusione, convinto che “tanto l’altro non sia meglio”.
E’ l’altrismo che provoca una pericolosa dipendenza dalla sfiducia che genera sfiducia e che di fatto fa in modo di perpetuare la fiducia a chi non la merita, ma che, tra un “ma figurati” e un “è tutto un magnamagna”, continua, appunto, a mangiare ben pasciuto.
E’ l’altrismo che rende ciechi. Rispetto ad una prospettiva di cambiamento. Rispetto ad un “altro meglio”, che magari ha davvero voglia di prendersi la responsabilità di migliorare le cose e di ridare respiro al futuro. E’ successo in molti parti del mondo che non è tutto uguale e che non è tutto paese. E credo sia il momento che succeda anche qui. Perché forse di altrismo non si muore. Ma come sopravvivere paralizzati, avvelenati e ciechi?

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