Scriveva Ephraim Kishon, in Paradiso come nuovo affittasi, che
“I burocrati sono
numerosi come i granelli di sabbia in riva al mare. Con la differenza che la
sabbia non prende lo stipendio.”
E’ un’opinione diffusa e, purtroppo, confermata dai fatti che se i burocrati e la burocrazia in genere rappresentano una delle “palle al piede” di qualsiasi progresso sociale, politico ed economico, in tutto il mondo, questo aspetto in Italia raggiunge livelli insopportabili. E se ciò è vero sempre e a prescindere, lo è ancora di più in momenti gravemente recessivi come questi, quando sulla velocità delle azioni, sulla rapidità dei movimenti e delle “intraprese” si fondano le possibilità di restare a galla e di non affondare con tutta la nostra bella Penisola.
E’ un’opinione diffusa e, purtroppo, confermata dai fatti che se i burocrati e la burocrazia in genere rappresentano una delle “palle al piede” di qualsiasi progresso sociale, politico ed economico, in tutto il mondo, questo aspetto in Italia raggiunge livelli insopportabili. E se ciò è vero sempre e a prescindere, lo è ancora di più in momenti gravemente recessivi come questi, quando sulla velocità delle azioni, sulla rapidità dei movimenti e delle “intraprese” si fondano le possibilità di restare a galla e di non affondare con tutta la nostra bella Penisola.
Quindi, se guardiamo all’esercito dei burocrati che ingrossa
le fila delle istituzioni pubbliche italiane, letteralmente osteggiando quel
qualcosa che si cerca di fare per rilanciare la nostra economia, la definizione
di Kishon ci porta a concludere che oltre al danno dell’immobilità cui ci
costringono, dobbiamo metterci anche l’elevato costo pubblico rappresentato da
stipendi in buona parte inutili. Naturalmente, non voglio fare di tutta l’erba
un fascio, e non voglio dire che tutti coloro che lavorano nella burocrazia
italiana siano dei “fancazzisti” succhia soldi. Ci sono anche fior di
professionisti, per capacità e correttezza. Resta però il fatto che, anche
senza essere il Gabibbo di “Striscia la notizia”, basta girare un po’ l’Italia
per mettere insieme un’enciclopedia di vessazioni, di inefficienze, di sprechi
e di inettitudini che derivano da uffici pubblici mal gestiti e peggio diretti.
Ma la cosa che trovo più insopportabile è il tentativo di molti di
questi signori di evitare di prendersi delle responsabilità. Quelle responsabilità
che invece, per ruolo e mansione, dovrebbero accettare e di cui dovrebbero
rispondere all’opinione pubblica. Comodo non fare, per non dover poi render
conto di quanto fatto!
Il risultato? Tempi lunghissimi per autorizzazioni di
qualsiasi natura, imprese che falliscono ancor prima di esser riuscite a
compiere un solo atto produttivo, a causa della mancanza di risposte che non
arrivano dagli uffici preposti per darle. E un Paese che langue, asfissiato da
chi dovrebbe curare gli interessi collettivi e che invece si preoccupa solo dei
propri personali e di quelli del “branco” che rappresenta. Del resto, lo
descriveva bene già Ennio Flaiano, quando scriveva: “Gli presentano il progetto
per lo snellimento della burocrazia. Deplora l'assenza del modulo H. Conclude
che passerà il progetto, per un sollecito esame, all'ufficio competente, che sta
creando…”.
Cosa aspetta la politica a sfoltire questi uffici e a
snellire le procedure per portarci alla pari del resto d’Europa? Sono convinto
che noi italiani abbiamo “una marcia in più” dal punto di vista imprenditoriale
e del saper fare, ma se questa marcia viene a essere messa costantemente “in
folle” dall’apparato pubblico, la macchina non riesce nemmeno a raggiungere la
strada e a intraprendere il percorso per raggiungere un obiettivo che, alla
fine, dovrebbe essere condiviso. Perché, caro burocrate, su quell’auto ci siamo tutti e se non partirà mai, o se a forza di farla rallentare la fermi
completamente, prima o poi rimarrai a piedi anche tu…!